Dopo un anno di astinenza fotografica, passato a fotografare quasi esclusivamente nel mio appartamento,
camera, o meglio cella, i cieli di via Montegani dalla finestra e l’intimità della mia prigione, ho deciso
finalmente di lavorare a un nuovo progetto.
Fare mio questo corpo nemico, scoprirlo nella sua fragilità tentando di spiegare, per lo meno visivamente,
cosa significhi essere disabile, o tagliata a metà come mi piace definirmi: dopo un ictus mi sono ritrovata
con il lato sinistro del corpo paralizzato.
Ho passato un anno tra riabilitazione e convalescenza, mi sento ormai pronta, credo, ad esplorare questo particolare stato, sia fisico che d’animo.
I miei cieli dalla mia prigione:
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